Powered By Blogger

mercoledì 20 maggio 2020

FIORI DI CACTUS

Stampe Tipografiche
FIORI DI CACTUS
di
Irene Dipré
Tutte autenticate e numerate, 
riprodotte in 15 esemplari cadauna, in vendita a partire da 30,00 euro nel formato A3.



giovedì 19 maggio 2016

“M.M.C.A.” polittico poetico in omaggio a:
Michelangelo, Masaccio, Caravaggio, Artemisia Gentileschi.


3 Io 13 maggio 2014
(Liberamente ispirata all’opera di Michelangelo: Il giudizio universale (1536 – 1541) Roma – Cappella Sistina)
1 Eterna Io
spellata, squagliata, spogliata
agorafobica che si diletta al gioco della conta
con turpiloqui e moti ascensionali,
alternati a cadute nella fossa.
2 Eterna Io
strillata, silenziosa
relegata nell'ultima stanCa della Casa.
Censurata nella parola
e dalle braghe sparse a terra.
Pagherete un tot a personaggio.
3 Eterna Io
stupida
dall'ego smisurato
e ora degradata a umanità mista.
Resurreggi-Mi'(chele)
dalla fase tri-polare del favo galleggiante.

L'ultimo viaggio maggio 2014
(Liberamente ispirata all’opera di Masaccio: Cacciata dal paradiso terrestre (1424) Firenze – Santa Maria del Carmine)
Ruvidità nelle carni
e nelle intenzioni;
quelle del Masaccio.
Le nostre carni aperte
un passaggio di bici Lazzare,
l'ultima ronfata, 
la Tua
sul mio collo di colpa
che ci ha degradato
a due vecchi nel non ritorno.


Nudo e crudo burrrr...Borromeo 20 maggio 2014
(Liberamente ispirata all’opera di Caravaggio: Vocazione di San Matteo (1599) Roma – San Luigi dei Francesi)
Bitume, olio, polvere
candelabri-O, r-Umori.
Diventerò luce e puttana,
alcolista, Sodoma e Gomorra,
per scopare quel vecchio 
che porge la mano livida
sulla spalla eterea.
Tira
issa
sfonda 
e infine
taglia quel che sei sullo specchio!
In verità non si può scrivere di Caravaggio, di Van Gogh e di Pollock!
-Ti sta chiedendo di entrare
-Eh sono mesi che me lo chiede
Ora basta,
finisce con R E S P I R O C O R T O
e 1500 euro.

Giuditta e Oloferne di domenica pomeriggio 27 maggio 2014
(Liberamente ispirata all’opera di Artemisia Gentileschi: Giuditta e Oloferne (1620) Firenze – Galleria degli Uffizi)
Nel nostro essere tredicenni -e non diciottenni Artemisiche Giuditte-;
il nostro Oloferne oggi, avrebbe ben più vita malata che non ora, lì, sulla tela immortale,
così sarebbe non decollato, ma sgozzato nel sangue dalla pubblica onta.
Il suo pene moscio lo ricordo con orrore.
La sua forza bruta mi pu(l)zza ancora sulle mani e le tempie.
La mia ancella; il bodyguard che mi salvò in quel tempo delle domeniche pomeriggio di gennaio, coi primi razzi laser.
A lei non fa schifo il gesto dello sgozzarlo.
A lei fa schifo lui.
Semplicemente.
A lei fa schifo lui, nel mentre tentenna e torna indietro sulla giugulare, per poi incalzare di nuovo la spada a tranciare il collo.



mercoledì 11 maggio 2016

IL VOLO...per presentarmi...



Il tema di questo quadro è "il volo"...volo inteso come discesa e caduta, ma anche come slancio vitale e gioia di vivere...è stato il primo "quadro serio" che realizzai al 2° anno di Accademia di Belle Arti ad Urbino...durante tutto il 1° anno non feci altro che dipingere, disegnare e schizzare solamente alberi, cortecce d'albero e fili d'erba...erano giorni strampalati, tutto era nuovo, odori, sapori e colori...e la libertà...una libertà nuova e bellissima di cui neppure io avevo coscienza...da poco avevo rotto col mio ragazzo dell'epoca...un uomo fantastico, che mi ha amato come nessun'altro...oggi lui è sposato ed ha tre magnifici figli...io sono sempre io, sono rimasta quella ragazzina di provincia che se ne voleva andare a Firenze per fare la scuola di restauro, ma che ripiegò sulla scelta dell'Accademia...solo col passare degli anni ho capito che è stata la scelta giusta a livello umano e culturale...certo forse oggi, se allora avessi intrapreso gli studi da restauratrice; avrei un buon lavoro...ma va bene così, evidentemente il mio cammino doveva essere questo...ma torniamo al volo...il poter volare è uno dei sogni dell'uomo da sempre...forse il più grande e comune sogno dell'uomo da sempre...ma non siamo pennuti ahimé...e allora si sogna di volare...si vola col pensiero, sì certo abbiamo mezzi per volare, ma come vola il pensiero è ben altro...riprendo in mano questo blog aperto anni fa e lasciato lì per altri anni, proprio partendo dal volo, dal punto di inizio della mia arte per così dire...dal concetto primordiale del volo...perché credo che sia un archetipo vitale e in quanto archetipo; il concetto di VOLO può unirci in molti in delle riflessioni che possano spaziare dall'arte alla vita, dallo sport alla morale, dalla società alla politica, dal personale all'oggettivo e via di seguito...e poi è un modo per farmi conoscere e per incuriosire i miei lettori...vi lascio, per oggi alle riflessioni sul volo...e...a presto per nuove novelle...

domenica 21 ottobre 2012

INGRES / MAN RAY Dolcezza? Irriverenza?

LA BAGNANTE DI VALPINÇON (1808) Jean Auguste Dominique Ingres, Museo del Louvre, Parigi.

LE VIOLON D'INGRES (1924) Man Ray, J.Paul Getty Museum, Los Angeles

INGRES / MAN RAY
DOLCEZZA/ IRRIVERENZA

DUE OPERE A CONFRONTO

Due opere distanti nel tempo, che però sembrano chiamarsi l’un l’altra con un perpetuo e bassissimo sibilo. Se non fosse che le due opere sono state create in epoche diverse, si direbbe quasi che i due artisti, si siano lanciati una sorta di sfida o un qualcosa di simile.

La bagnante di Valpinçon del 1808 è un’opera giovanile di Ingres, dipinta a Roma nel pieno della poetica del bello ideale il cui portavoce era il Canova. In quest’opera, Ingres raggiunge perfettamente una sintesi tra luce, colore, linea e chiaroscuro, tanto che tutti i critici sono concordi nel dire che nella Bagnante Ingres raggiunge il bello assoluto, riscontrabile nella perfezione della pura forma. Altrettanta cura Ingres dedica alla sua Odalisca (del 1814), a cui però i critici dell’epoca non perdonarono la vertebra in più dipinta dall’artista: dobbiamo attendere Carlo Giulio Argan per cogliere in quell’(errore?) anatomico “un compiacimento erotico, quasi una lunga, tenera carezza su quel bel corpo, allo stesso modo che, nella Bagnante la schiena troppo larga prolunga il piacere della luce diffusa su quell’epidermide d’alabastro, quasi illuminata dal di dentro.’’ (Argan).

L’opera Le Violon d’Ingres è invece realizzata da Man Ray nel 1924. Il titolo del quadro trova origine nella passione nutrita da Jean Auguste Dominique Ingres per il violino; Man Ray, ironizzando spesso sul fatto che la fotografia fosse per lui un passatempo, in realtà la utilizzerà scomponendola e ricomponendola, come in una sorta di ready made duchampiano.
Man Ray costruisce strani oggetti; in lui si fondono elementi surrealisti e dadaisti e, come tutti gli artisti surreal-dada crea scandalo, gioca con i significati simbolici e le associazioni d’idee.
Man Ray è molto vicino ai surrealisti e, come loro, parte da un radicale giudizio negativo della storia, affascinato dall’idea di rivoluzione almeno quanto dai vari meccanismi psicologici.

Il soggetto nell’opera Le violon è Alice Prin, in arte Kiki, modella, amante e musa di Man Ray tra il 1923 e il 1929. La donna si offre all’obiettivo della macchina fotografica nuda e di schiena, la luce è morbida sul corpo di Kiki ed il fondo scuro della foto ne esalta i contorni sinuosi del corpo.
Le due opere presentano elementi comuni per ciò che riguarda la luce, i contorni, la figura. In ambedue i casi le figure sono di schiena, presentano un turbante sulla testa e dei drappi di stoffa che, nel caso della Bagnante scivolano verso terra e nel caso di Le violon  le cingono i fianchi; inoltre di tutte e due le figure si nota parte del profilo del volto.

Della Bagnante non sappiamo se si stia accingendo a fare il bagno o se ne sia appena uscita; capiamo però che l’interno visibile è un bagno per via dei bocchettoni d’acqua della vasca; il taglio è fotografico, nonostante l’invenzione della fotografia si faccia risalire al 1839, e dunque abbastanza dopo la creazione di quest’opera.
Della donna di Le violon non abbiamo ulteriori notizie, lo sfondo è scuro e non si percepiscono altri oggetti in profondità se non la parete di fondo; ma in Kiki – in una fase di stampa del negativo mediante la rayografia – vengono apposte, stampandole a contatto, le “f” della viola-violino, strumento d’amore.

Tutte e due le donne guardano qualcosa, ed è questo che mi sono sempre chiesta in relazione a queste due opere: cosa stanno guardando?
La Bagnante sembra guardare con dolcezza un qualcosa che è al di fuori del taglio del quadro (un misterioso amante, forse? Un amante, sia esso uomo o donna, che riposa nella metà del letto e che non rientra nei limiti del quadro?).
Kiki nell’opera Le violon, invece, sembra quasi voltarsi al richiamo del fotografo Man Ray; sta di fatto tuttavia che lo scatto della testa rimanda automaticamente alla Bagnante di Valpinçon. Forse la chiave di lettura è proprio nel nodo visivo dello scatto della testa? O è forse nella postura delle spalle, che possiamo ravvedere due tipi di caratteri e di bellezza, magari chiamando in causa la moderna psicoanalisi?

La Bagnante conserva in sé una carica particolare di erotismo e mistero, è enigmatica e in un certo senso inconsueta, forse per via del taglio del quadro; non la si può collocare in una dimensione spazio-temporale precisa. La bellezza ideale della donna è evocata, la percepiamo, la sentiamo pur non vedendole il volto,  si rivela nel ritmo misurato che ci fa voyeuristicamente guardare lentamente tutto il corpo della donna, scendendo piano piano, accompagnati dalla luce, dal turbante fino al piede.
Nell’opera Le violon c’è una donna che è però anche la figura dell’amore fisico e personale di Man Ray verso Kiki, che ci appare morbida, vellutata ma anche indisciplinata verso l’obiettivo e chi guarda, così com’era recalcitrante il rapporto dello stesso Man Ray con la fotografia.
E’ una bellezza ideale diversa, una concezione estetica diversa, c’è una bellezza irriverente, quasi logorata.
Le violon è l’omaggio a un grande maestro del passato ma è forse più una riflessione personale di Man Ray sulle possibilità della fotografia come mezzo espressivo produttivo autonomo.
Nel 1971, durante la mostra Le bain turc d’Ingres, le due opere vengono esposte una accanto all’altra al Louvre.

Irene Dipré.

martedì 4 settembre 2012

Mercoledì 4 settembre...è nato il mio primo blog...ci provo, vediamo come funziona :-)


IrenereBluPetrolio
perché? cosa vuol dire?
Irene è il mio nome...giocando con le lettere del mio nome Ire e Nere sono due delle parole che possono venire a formarsi...così ho inventato Irenere...sono io.
BluPetrolio?
Il Blu Petrolio è il tono di colore che preferisco...una sapiente miscela di blu, nero e verde...una formula segreta.