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domenica 21 ottobre 2012

INGRES / MAN RAY Dolcezza? Irriverenza?

LA BAGNANTE DI VALPINÇON (1808) Jean Auguste Dominique Ingres, Museo del Louvre, Parigi.

LE VIOLON D'INGRES (1924) Man Ray, J.Paul Getty Museum, Los Angeles

INGRES / MAN RAY
DOLCEZZA/ IRRIVERENZA

DUE OPERE A CONFRONTO

Due opere distanti nel tempo, che però sembrano chiamarsi l’un l’altra con un perpetuo e bassissimo sibilo. Se non fosse che le due opere sono state create in epoche diverse, si direbbe quasi che i due artisti, si siano lanciati una sorta di sfida o un qualcosa di simile.

La bagnante di Valpinçon del 1808 è un’opera giovanile di Ingres, dipinta a Roma nel pieno della poetica del bello ideale il cui portavoce era il Canova. In quest’opera, Ingres raggiunge perfettamente una sintesi tra luce, colore, linea e chiaroscuro, tanto che tutti i critici sono concordi nel dire che nella Bagnante Ingres raggiunge il bello assoluto, riscontrabile nella perfezione della pura forma. Altrettanta cura Ingres dedica alla sua Odalisca (del 1814), a cui però i critici dell’epoca non perdonarono la vertebra in più dipinta dall’artista: dobbiamo attendere Carlo Giulio Argan per cogliere in quell’(errore?) anatomico “un compiacimento erotico, quasi una lunga, tenera carezza su quel bel corpo, allo stesso modo che, nella Bagnante la schiena troppo larga prolunga il piacere della luce diffusa su quell’epidermide d’alabastro, quasi illuminata dal di dentro.’’ (Argan).

L’opera Le Violon d’Ingres è invece realizzata da Man Ray nel 1924. Il titolo del quadro trova origine nella passione nutrita da Jean Auguste Dominique Ingres per il violino; Man Ray, ironizzando spesso sul fatto che la fotografia fosse per lui un passatempo, in realtà la utilizzerà scomponendola e ricomponendola, come in una sorta di ready made duchampiano.
Man Ray costruisce strani oggetti; in lui si fondono elementi surrealisti e dadaisti e, come tutti gli artisti surreal-dada crea scandalo, gioca con i significati simbolici e le associazioni d’idee.
Man Ray è molto vicino ai surrealisti e, come loro, parte da un radicale giudizio negativo della storia, affascinato dall’idea di rivoluzione almeno quanto dai vari meccanismi psicologici.

Il soggetto nell’opera Le violon è Alice Prin, in arte Kiki, modella, amante e musa di Man Ray tra il 1923 e il 1929. La donna si offre all’obiettivo della macchina fotografica nuda e di schiena, la luce è morbida sul corpo di Kiki ed il fondo scuro della foto ne esalta i contorni sinuosi del corpo.
Le due opere presentano elementi comuni per ciò che riguarda la luce, i contorni, la figura. In ambedue i casi le figure sono di schiena, presentano un turbante sulla testa e dei drappi di stoffa che, nel caso della Bagnante scivolano verso terra e nel caso di Le violon  le cingono i fianchi; inoltre di tutte e due le figure si nota parte del profilo del volto.

Della Bagnante non sappiamo se si stia accingendo a fare il bagno o se ne sia appena uscita; capiamo però che l’interno visibile è un bagno per via dei bocchettoni d’acqua della vasca; il taglio è fotografico, nonostante l’invenzione della fotografia si faccia risalire al 1839, e dunque abbastanza dopo la creazione di quest’opera.
Della donna di Le violon non abbiamo ulteriori notizie, lo sfondo è scuro e non si percepiscono altri oggetti in profondità se non la parete di fondo; ma in Kiki – in una fase di stampa del negativo mediante la rayografia – vengono apposte, stampandole a contatto, le “f” della viola-violino, strumento d’amore.

Tutte e due le donne guardano qualcosa, ed è questo che mi sono sempre chiesta in relazione a queste due opere: cosa stanno guardando?
La Bagnante sembra guardare con dolcezza un qualcosa che è al di fuori del taglio del quadro (un misterioso amante, forse? Un amante, sia esso uomo o donna, che riposa nella metà del letto e che non rientra nei limiti del quadro?).
Kiki nell’opera Le violon, invece, sembra quasi voltarsi al richiamo del fotografo Man Ray; sta di fatto tuttavia che lo scatto della testa rimanda automaticamente alla Bagnante di Valpinçon. Forse la chiave di lettura è proprio nel nodo visivo dello scatto della testa? O è forse nella postura delle spalle, che possiamo ravvedere due tipi di caratteri e di bellezza, magari chiamando in causa la moderna psicoanalisi?

La Bagnante conserva in sé una carica particolare di erotismo e mistero, è enigmatica e in un certo senso inconsueta, forse per via del taglio del quadro; non la si può collocare in una dimensione spazio-temporale precisa. La bellezza ideale della donna è evocata, la percepiamo, la sentiamo pur non vedendole il volto,  si rivela nel ritmo misurato che ci fa voyeuristicamente guardare lentamente tutto il corpo della donna, scendendo piano piano, accompagnati dalla luce, dal turbante fino al piede.
Nell’opera Le violon c’è una donna che è però anche la figura dell’amore fisico e personale di Man Ray verso Kiki, che ci appare morbida, vellutata ma anche indisciplinata verso l’obiettivo e chi guarda, così com’era recalcitrante il rapporto dello stesso Man Ray con la fotografia.
E’ una bellezza ideale diversa, una concezione estetica diversa, c’è una bellezza irriverente, quasi logorata.
Le violon è l’omaggio a un grande maestro del passato ma è forse più una riflessione personale di Man Ray sulle possibilità della fotografia come mezzo espressivo produttivo autonomo.
Nel 1971, durante la mostra Le bain turc d’Ingres, le due opere vengono esposte una accanto all’altra al Louvre.

Irene Dipré.